“Assediata la centrale, guerriglia a Montalto”

Valentano – Don Franco MagalottiLa centrale Enel di Montalto di CastroLa centrale Enel di Montalto di CastroLa centrale Enel di Montalto di CastroMontalto di castro – Don Franco (al centro) durante una manifestazione contro il nucleareValentano – Don Franco MagalottiValentano – Don Franco MagalottiValentano – Alcuni libri di don Franco MagalottiViterbo – Successe più di vent’anni fa. A Montalto di Castro.  Ottobre 1986. Un anniversario da ricordare, perché è qui che inizia la storia. A ridosso della centrale. Quella del movimento anti-anti. Così lo chiamavano. Antinucleare. A Pian dei Gangani. Vicino Grosseto, ma in provincia di Viterbo. Al confine con Capalbio e la costa Toscana.Video: 1977, la festa di primavera a Montalto di CastroIl 26 aprile del 1986 c’era stato l’incidente di Chernobyl nell’ex Unione Sovietica, oggi in Ucraina, con l’esplosione del reattore numero 4 della centrale nucleare Lenin e il disastro che ne conseguì coinvolgendo indirettamente quasi tutta Europa.Più di vent’anni dopo, il racconto del movimento contro il nucleare che ne è scaturito. L’ultimo grande movimento del lungo ’68 in Italia. In un libro, e dalla voce di un prete. Don Franco Magalotti, di Capodimonte e coll’eremo a Valentano dove ha sempre accolto tutti. In nome dei poveri e del Vangelo.Il libro è pubblicato da DeriveApprodi ed è dell’anno scorso. Il titolo. “Gli autonomi. L’autonomia operaia romana” di Giorgio Ferrari e Marco D’Ubaldo. “Per colmare – sta scritto nell’introduzione firmata da Ferrari – i vuoti di un presente senza storia”. Dentro si parla anche di Montalto e della lotta contro il nucleare.  “Da una parte c’era la Polizia – ricorda don Franco – dall’altra noi. In mezzo gli autonomi di via dei Volsci, un gruppo di estrema sinistra. Il fumo dei lacrimogeni. Quelli dell’autonomia operaia ci passavano davanti con i volti coperti. Di lì a poco si sarebbero scontrati con le forze dell’ordine. A un certo punto, uno di loro si ferma e mi guarda. Un attimo di silenzio e poi si tira su il passamontagna e urla…’don Franco, come stai!?’. Mi saluta, mi abbraccia e ritorna nella mischia”. Si tratta degli scontri avvenuti il 9 dicembre 1986 davanti alla centrale di Montalto quando la Polizia caricò le persone che manifestavano contro il nucleare.Dieci anni prima, sempre a Pian dei Gangani a Montalto, la festa di primavera. Il 20 marzo 1977. Un movimento durato 10 anni. Il lungo ’68 dell’antinuclearismo italiano. Su youtube un video con il telegiornale dell’epoca e una accesissima assemblea.Il 20 marzo erano trascorsi solo nove giorni dall’uccisione dello studente di Lotta continua Francesco Lorusso e dai tumulti che ne seguirono. In tutta Italia. Con città messe a ferro e fuoco. Soprattutto Roma e Bologna. In quest’ultima il ministro degli interni Francesco Cossiga inviò i carriarmati.La “festa della vita”, così venne chiamata, vide la partecipazione di migliaia di persone e soprattutto il passaggio della battaglia contro la centrale di Montalto di Castro da questione locale a problema di rilievo nazionale. Alla lotta di Montalto parteciparono infatti il Comitato politico dell’Enel, altri comitati autonomi romani e gli indiani metropolitani. Tutti insieme, appena un mese prima, si erano scontrati con il servizio d’ordine del sindacato e avevano cacciato malamente dall’università La Sapienza il segretario generale della Cgil Luciano Lama.“A tutte le tribù delle città lager – sta scritto in volantino distribuito a Roma nel 1977 – noi indiani delle colline mandiamo questo messaggio: venite a Montalto di Castro il 20 marzo a celebrare con noi la primavera, e la vita, sul luogo dove le lingue biforcute vorrebbero costruire una centrale atomica di morte. Dove loro vogliono fare la loro centrale, noi faremo crescere la nostra erba. Sono con noi i pescatori e i contadini della zona, che vogliono difendere la terra, e il mare dalla peste mortale dell’uomo bianco”.“L’uomo bianco – riporta un altro volantino distribuito in occasione della manifestazione – dice che vuole le centrali nucleari per fare energia. Ma non vuole l’energia del sole, che è pulita e non costa niente. Noi indiani delle colline chiamiamo i nostri fratelli delle città, che si sono battuti bravamente nelle università, al nostro soccorso per fare a Montalto una festa della nostra vita, e una festa della nuova primavera, contro l’eterno inverno del potere atomico bianco”.Un prete operaio, don Franco, amico dei redattori di Radio Onda Rossa. Qualche anno prima del movimento antinucleare, assieme a un gruppo di laici e cattolici di base, don Franco era stato protagonista di una serie di battaglie in favore della rivoluzione sandinista in Nicaragua e per la liberazione dei detenuti politici torturati nelle galere delle dittature latinoamericane. Riuscirono a tirar fuori dalle carceri della dittatura uruguayana il sindacalista José Pacella. In fin di vita per tutto quello che aveva subito. Imbarcato su un aereo diretto in Bulgaria, Pacella fece il diavolo a quattro per farlo attirare prima a Fiumicino. Voleva conoscere e stringere la mano a don Franco Magalotti e a quei ragazzi che gli avevano salvato la vita.Il 25 ottobre una grande manifestazione a Roma aprì le danze al movimento. Pochi mesi dopo, nel 1987, il referendum mise per sempre una pietra tombale sul nucleare in Italia. A Montalto, i campeggi antinucleari organizzati dal coordinamento anti anti avevano di fatto occupato la piana di fronte alla centrale nucleare. Tutte le domeniche una festa. “Avevo la messa a Capodimonte alle dieci e mezza – ricorda don Franco – Prima però andavamo a Montalto. Eravamo tanti. Tantissimi giovani. Arrivavamo, suonavamo, cantavamo, manifestavamo, facevamo assemblee. Poi di corsa a Capodimonte a tener messa. Tutti quanti insieme, con gli zaini appoggiati in fondo alla chiesa”.Contro il nucleare, contro le centrali in Italia e a Montalto di Castro. “Perché è un modello di sviluppo – sottolinea Magalotti – dove dominano le multinazionali che escludono le esigenze della povera gente imponendo una società assolutamente inaccettabile. Consumismo spietato e ricchezze nelle mani di poche persone. Quello che sta succedendo oggi”. “Allora – prosegue don Franco – organizzammo anche un incontro al teatro di via Cavour a Viterbo. Parteciparono anche i fisici Marco Scalia e Gianni Mattioli che spiegarono come il nucleare fosse contro la vita. Ci fu il pienone. Fu un successo, enorme. Con tutto il partito comunista viterbese contro di noi. Loro avevano fatto una scelta diversa, in favore del nucleare”.“Dopo l’incidente di Chernobyl – si racconta nel libro della DeriveApprodi – era venuta una maggiore spinta al movimento antinucleare con manifestazioni e azioni dirette contro le centrali nucleari esistenti o in costruzione. Il 10 ottobre si effettuarono blocchi nei siti Enel di Montalto di Castro, Trino Vercellese, Viadana, Caorso; il 16 e il 18 ottobre si tennero grandi manifestazioni a Napoli e a Milano e dopo quella del 25 ottobre a Roma cominciò una feroce campagna di stampa contro gli autonomi. Il 2 novembre il quotidiano ‘la Repubblica’ titolò su otto colonne: ‘La resurrezione degli autonomi’ e nell’occhiello ammoniva: “Sfondano le vetrine, si scontrano con i poliziotti, manifestano davanti alle centrali nucleari: torna il clima del ’77’. Il 9 dicembre, a Montalto di Castro la polizia caricò brutalmente i partecipanti alla manifestazione antinucleare e ‘la Repubblica’ del giorno dopo titolò: ‘Assediata la centrale, guerriglia a Montalto'”.Anche la diocesi viterbese sostenne in qualche modo il movimento. “Il vescovo Luigi Boccadoro – riprende la parola don Franco – era contro il nucleare. Non mi ha mai ostacolato. Grazie a lui riuscimmo anche ad ottenere un incontro con il ministro Giulio Andreotti venuto a inaugurare una diga sopra Acquapendente. Stavo lavorando in campagna. Oltre al prete facevo anche il bracciante. In mezzo agli altri braccianti. Mi vennero a chiamare. Andai subito, con i vestiti da lavoro. Cappellaccio, camicia e pantaloni strappati. Arrivo davanti ad Andreotti e dico: ‘Rappresento le comunità cristiane di base. Siamo vicini alla gente col cuore e con l’anima. E a noi il discorso del nucleare non solo non ci va bene, ma siamo completamente dall’altra parte della barricata e lo combatteremo fino in fondo. Nel nome di Gesù Cristo. Perché Gesù Cristo non voleva una società dei grandi e dei potenti”.Non solo, ma a chi gli chiedeva, ricorda don Franco sempre a proposito di Boccadoro, “perché mi permettesse di andare a lavorare e manifestare, anziché fare il prete, il vescovo rispondeva: “Come glielo posso proibire? Se mi avesse chiesto di fare carriera o i soldi, lì gli avrei potuto tranquillamente dire di no. Ma mi chiede di stare con la gente, di essere povero e di lottare per i poveri. Come posso dirgli di no?”.Infine un ultimo ricordo, dal libro di Ferrari e D’Ubaldo. “A Montalto venne un esperto di radiazioni del Cnen a illustrare la bontà dei sistemi di sicurezza che di fatto impedivano il rilascio di radioattività nell’ambiente, affermando che gli scarichi autorizzati, come quelli a mare, comportavano dosi minime e che, in ogni caso, sarebbe stato imposto il dieto di pesca in prossimità dell’impianto, con tanti di cartelli seminati lungo la costa. Di nuovo l’acume popolare si mostrò più convincente di qualsiasi laurea di Stato. Un proletario di Montalto che alternava il mestiere del falegname a quello di pescatore, chiese all’esperto del Cnen se, dato che i pesci non leggono i cartelli, avrebbe provveduto lui a spiegargli che non dovevano nuotare nelle vicinanze della centrale. Fu l’ultima volta che il Cnen inviò degli esperti a Montalto”.Daniele CamilliThe post “Assediata la centrale, guerriglia a Montalto” appeared first on Tusciaweb.eu.

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