''Così i sindaci di 11 comuni fuori Talete hanno determinato i rincari per gli altri''

2020-01-28
VITERBO - Nella vicenda ormai nota dell’assemblea Ato del 30 dicembre in cui sono stati approvati gli aumenti astronomici della tariffa dell’acqua, non c’è solo il caso di quei sindaci a cui i rispettivi consigli comunali avevano affidato il compito di votare no a qualsiasi ipotesi di rincaro, salvo poi fare l’esatto contrario, ma anche quello dei sindaci di 11 Comuni che, pur trovandosi fuori dalla gestione della Talete, e in alcuni casi addirittura con contenziosi in corso contro la società di via Romiti, alla fine sono risultati decisivi – consapevoli o no – a determinare il salasso a carico dei cittadini degli altri paesi. Tutto questo mentre presso loro le stesse tariffe sono ferme o quasi da anni.
E’ ciò che ha spiegato Luisa Ciambella, capogruppo del Pd a Palazzo dei Priori, nel suo intervento sabato all’assemblea organizzata in piazza dai comitati per l’acqua pubblica.
Consigliera Ciambella, lei parla di un ''paradosso senza precedenti''. Che cosa intende?''Voglio dire che da un lato quel voto con cui sono stati approvati gli aumenti astronomici della tariffa – un rincaro complessivo del 45% in cinque anni che scatterà in maniera automatica quando Arera concederà il finanziamento di 40 milioni a Talete - si può anche ritenere valido dal punto di vista giuridico, poiché i sindaci dei Comuni in questione siedono con pieno diritto nell’assemblea Ato. Ma dall’altro apre una questione di carattere morale: è ammissibile che chi da anni non adegua il costo delle bollette dell’acqua uniformandolo al proprio ambito territoriale di riferimento, e questo nonostante sia obbligato a farlo da una convenzione di cooperazione, abbia contribuito ad autorizzare il rialzo delle tariffe negli altri paesi, dove invece i cittadini vengono tartassati anno dopo anno? A me sembra solo l’ennesimo papocchio''.
E’ sicura di quello che dice?''Certo. Il 30 dicembre serviva la presenza di almeno 21 sindaci perché la seduta fosse valida. All’appello hanno risposto in 31, di cui undici sindaci dei Comuni ‘ribelli’, che non hanno ancora conferito il proprio servizio al gestore unico. Tutti alla fine hanno votato per gli aumenti. Ma anche nel caso in cui i Comuni fuori Talete si fossero espressi contro i rincari, avrebbero comunque contribuito a far raggiungere il quorum, e quindi il risultato sarebbe stato lo stesso''.
Quali sono questi sindaci?''Sono quelli di Bassano in Teverina, Capodimonte, Gallese, Cellere, Graffignano (Comune che non è socio Talete ma a Talete ha ceduto il servizio), Latera, Ronciglione, San Lorenzo Nuovo, Valentano, Villa San Giovanni in Tuscia. E poi c’era il delegato di Castiglione in Teverina, che secondo le cronache si sarebbe astenuto, una posizione che però dai verbali non trova riscontro in maniera chiara, almeno così come è stata registrata''.
Dopo quel voto, però, sembra essersi aperto un dialogo tra Comuni e Arera per ottenere il famoso prestto. E’ vero?''Purtroppo l’incontro che si è svolto venerdì a Roma è servito solo a confermare quello che noi sosteniamo da tempo: l’assenza di un vero piano industriale. Eppure uno approvato dalla maggioranza dei sindaci esisteva. Lo aveva presentato Stefano Bonori, all’epoca presidente della Talete, e si chiamava Parca. Che fine ha fatto? A Roma, invece, siamo andati pensando che per convincere Arera bastassero i soldi dei contribuenti votati con gli aumenti. Tutto ciò senza che si sappia ancora a cosa siano serviti quelli dei rincari versati l’anno precedente e anch’essi subordinati alla promessa di un finanziamento che non è ancora arrivato. Chiedo: è stato legittimo da parte di Talete mettersi in pancia quel denaro? Oppure, visto che la causa a cui quei soldi servivano non si è materializzata, non sarebbe stato giusto restituirli ai cittadini? Da questo punto di vista i chiarimenti che da qui ai prossimi mesi Arera sembra intenzionata a chiedere alla società per valutare se concedere o meno il prestito, possono rappresentare una occasione per capire se tutto quello che è stato fatto fino ad oggi sia legittimo o meno, corretto oppure no: dai conti della società alle assunzioni, per passare a certe progressioni del personale fino agli acquisti’’.
Come è stato possibile arrivare a tutto questo?''Ritengo, più in generale, che ci sia stato un problema che riguarda il controllo. In tutti questi anni non ci sono stati controlli né da parte dei Comuni attraverso i propri organi interni, né, davanti all’invio di fatturazioni erronee e di distacchi dei contatori anche a famiglie con soggetti fragili, una vigilanza rigida da parte delle associazioni dei consumatori che dovrebbero tutelare gli interessi dei cittadini quando questi vengono calpestati''.
I comitati chiedono che Talete venga cancellata e si ritorni a un modello pubblico di gestione del servizio idrico. Lei cosa pensa sia meglio?''Sicuramente non proseguire con la gestione che ha portato allo stato dei fatti e che non può essere più tollerata. Penso anche io che la strada giusta sia quella che prevede l’applicazione della legge regionale numero 5 del 2014, per un servizio più vicino ai territori''.
Il 13 febbraio a Viterbo si svolgerà un consiglio straordinario sulla Talete.''E’ stata una mia iniziativa che ha trovato ampio consenso sia tra i banchi dell’opposizione che della maggioranza. Invito tutti i cittadini a partecipare in massa, perché sarà quello il luogo dove poter avere ulteriori informazioni e cominciare a parlare di eventuali altre soluzioni''.

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