DOVE SONO ELENA E TATIANA? - GRADOLI (VT)

È trascorso un anno esatto dalla loro scomparsa. Eppure il caso di Tatiana ed Elena Ceoban, è ancora un mistero.

Dal 30 maggio 2009 nessuno, a parte un presunto testimone, le ha più viste a Gradoli. Madre e figlia sono come svanite nel nulla. Uscite di scena in punta di piedi. Senza avvisare, né lasciare biglietti.

L'ultima traccia di Tatiana è una videocamera appoggiata sul tavolo della cucina, nella villetta di via Cannicelle. Doveva servire a filmare la recita di fine anno della sua figlia più piccola, Erika, avuta dalla relazione con il suo convivente Paolo Esposito. Ma Tatiana non andò mai a quella recita, il primo giugno 2009. Lei ed Elena erano già sparite da due giorni, senza che nessuno le avesse cercate.

Passano quarantott’ore prima che Paolo Esposito si decida ad andare dai carabinieri. E, in caserma, non presenta una denuncia di scomparsa, ma querela Tatiana per abbandono di minore, pensando che la sua convivente si fosse allontanata volutamente da Gradoli, disinteressandosi di Erika che, all’epoca, aveva appena sei anni.

A presentare una denuncia di scomparsa è la madre di Tatiana, Elena Nekifor, che, sempre il primo giugno, si rivolge alla questura.

Tra lei ed Esposito non corre buon sangue. E quando la trasmissione di Rai3 “Chi l’ha visto” inizia a occuparsi del caso, i vecchi dissapori tornano a galla e vanno in onda in prima serata. Tra Esposito e la Nekifor scoppia una vera e propria guerra verbale, fatta di botta e risposta infuocati. Lei lo accusa di aver fatto passare Tatiana per pazza e di averla uccisa, insieme a Elena. Lui rispedisce gli attacchi al mittente, insinua che “è stato tutto organizzato”, che “loro sono in Russia” e la madre di Tatiana sa come sono andate le cose.

Intanto, si susseguono i sopralluoghi nella villetta di via Cannicelle 46, dove Esposito, Tatiana, Elena ed Erika vivevano insieme. La casa viene sequestrata dai carabinieri che, per tutto il mese di giugno, la perlustrano da cima a fondo.

I Ris scavano nel giardino. Prosciugano un pozzo. Rovistano nel guardaroba di madre e figlia per controllare cosa manca. Anche i vigili del fuoco sono mobilitati. I sommozzatori setacciano il fondale del lago di Bolsena, in cerca di indizi che portino a Elena e Tatiana. O, nella peggiore delle ipotesi, ai loro cadaveri.

Quando il passaporto e il permesso di soggiorno delle due donne vengono ritrovati nella villetta, la tesi dell’allontanamento volontario viene definitivamente accantonata. Nell’inchiesta della Procura prende sempre più corpo la pista dell’omicidio, avvalorata dalle tracce di sangue nella cucina della villetta e dal ritrovamento del diario di Tatiana, dove la donna scriveva di temere per la sua vita e per quella di Elena.

Il primo luglio scattano le manette per Paolo Esposito. L’accusa è di duplice omicidio aggravato e volontario e occultamento di cadavere. Nel giro di un mese finisce in carcere anche Ala Ceoban, sorella minore di Tatiana e amante di Esposito. Un rapporto, il loro, testimoniato anche da un filmino girato dai due durante un rapporto sessuale. Era stato questo il motivo dei contrasti insanabili tra Ala e Tatiana.

Nei suoi primi interrogatori davanti al pm Petroselli, Esposito dice di aver trascorso il pomeriggio del 30 maggio a lavorare. E, soprattutto, assicura che la sua storia con Ala è morta e sepolta. Solo in un secondo momento confessa che la loro relazione non era mai finita e che, il 30 maggio, lui e Ala avevano varcato insieme la soglia della villetta di via Cannicelle poco dopo le 18. È a quell’ora che, secondo l’accusa, si sarebbe consumato il duplice omicidio. Prima il presunto soffocamento di Elena. Poi l’accoltellamento a morte di Tatiana, confermato, secondo le indagini, dalle macchie di sangue in cucina.

Alla fine del 2009, l’incidente probatorio dimostra che, su 30 tracce trovate, 20 erano ematiche e riconducibili a Tatiana. Le altre 10 di varia natura. Dopo pochi mesi, il giudice Salvatore Fanti dispone il rinvio a giudizio per entrambi gli indagati.

Parallelamente alla battaglia per far uscire Esposito dal carcere, i suoi legali ne intraprendono un’altra: quella per fargli riabbracciare la figlia Erika. Poco dopo l’arresto, il tribunale dei minori toglie a Esposito la patria potestà sulla bambina. E la piccola, dopo un periodo trascorso sotto la tutela del sindaco di Gradoli Luigi Buzzi, viene affidata a una casa famiglia.

Ci vorranno due scioperi della fame e della sete, 15 chili in meno e il ricovero di Esposito a Belcolle per permettergli di rivedere la figlia, dopo un’attesa lunga dieci mesi.

A Esposito, così come ad Ala, non resta, ora, che prepararsi per il monumentale processo del 4 giugno, confidare nei propri legali e sperare nella clemenza del giudice.

Quanto alle due donne moldave, la domanda, dopo un anno, resta la stessa: vive o morte, dove sono Elena e Tatiana?

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