''Non vedevo Angelo da tempo e quel giorno non mi sono cambiato vestiti''

2020-03-03
TUSCANIA – (b.b.) ''Non vedevo mio cognato Angelo dal 26 luglio, da quando sono andato da lui per chiedergli come fare per pagare una multa che avevamo preso insieme. Quel giorno era fuori di sé dalla rabbia, mi venne incontro come una furia. Prese in mano un lungo bastone, mi avrebbe spaccato la testa se suo figlio Mario, sentendo le urla, non fosse intervenuto a calmarlo. Da quel momento non l’ho più incontrato, né visto. Sono stati i carabinieri, quando mi hanno ritrovato, a dirmi che era morto''.
Era il 14 agosto del 2016 e da lì a poche ore, Aldo Sassara, 76 anni a giugno, sarebbe divenuto il principale indagato per l’omicidio del cognato Angelo Gianlorenzo, ritrovato cadavere nel suo terreno nelle campagne di Marta la vigilia di Ferragosto di quattro anni fa. Ieri mattina, per la prima volta ha raccontato la sua verità di fronte alla Corte d’Assise.
''Quel giorno mi sono svegliato, ho preso il motorino e sono andato a San Savino. Lì ho aperto le galline, ho preso il trattore e sono andato a lavorare in un terreno che dovevo preparare per la semina'' ha spiegato. ''Sono stato lì un’oretta e mezza e a lavoro finito sono tornato a San Savino. Non ho mai incontrato Mario, né ho visto il suo Apecar. Non sapevo se ci fosse o meno. Posato il trattore, sono salito di nuovo sul mio motorino, sono tornato a casa a Marta, dall’orto ho colto qualche pomodoro e sono andato a Capodimonte dove mia figlia ha un chiosco lungolago''.
Lì sarebbe rimasto per il tempo di un aperitivo in compagnia di un conoscente e ''intorno a mezzogiorno e un quarto sono tornato a casa per pranzo''. Ha ricostruito minuto per minuto la sua giornata. Dal suono della sveglia al momento in cui i carabinieri lo sono andati a prelevare in campagna per portarlo in caserma. Nessun tentennamento, nessuna contraddizione. Le uniche approssimazioni sugli orari: ''Questi spostamenti possono essere stati sfalsati di un quarto d’ora in più o in meno''. Come ogni contadino, ha ribadito il 76enne, ''non guardo in continuazione l’orologio. Mi regolo con il sole: arrivo in campagna quando ho da fare e me ne rivado quando ho finito''.
E quel giorno avrebbe finito di lavorare in campagna intorno alle 10,30: esattamente nell’orario in cui le telecamere di un’isola ecologica presente a pochi chilometri dal suo terreno lo avrebbero ripreso mentre tornava a casa. Addosso dei pantaloncini e un gilet, che secondo l’accusa non sarebbero gli stessi che Sassara indossava all’andata: per il pm Massimiliano Siddi, il 76enne dopo aver massacrato il cognato 83enne per delle questioni legate al passato, si sarebbe cambiato e avrebbe fatto sparire gli abiti. Via il gilet blu e la camicia azzurrina per fare posto ad un gilet nocciola e una camicia sul marrone.
''Ma quali abiti cambiati, io mi cambio una volta al mese. Sono uscito con i pantaloni, una camicia azzurrina e un gilet blu. E sono tornato a casa con quegli stessi vestiti'' ha sottolineato. Una circostanza avvalorata da alcune immagini in cui, senza il riflesso del sole ad alterarne i colori, il gilet dell’uomo sembrerebbe davvero blu.
''Non so che fine abbia fatto quel giacchetto, forse è in campagna o a casa'' ha proseguito.
Per il pm ad inchiodare Sassara all’accusa di omicidio ci sarebbero anche una serie di frasi pronunciate dall’uomo da solo in macchina. Come dei soliloqui autoaccusatori. ''C’era tutto sangue, era tutto impiastrato’’ avrebbe detto. E ancora ‘’Tanto non lo trovate, non lo trovate'', riferendosi per il pm ai vestiti o all’arma del delitto durante i sopralluoghi dei carabinieri.
''Io parlo tra me e me da una vita – ha spiegato il 76enne, dando un ordine alle numerose intercettazioni ambientali a disposizione della corte – sono sempre da solo: parlo con le piante, con gli attrezzi, con le macchine. Rifletto a voce alta e tutto quello che ho detto era un commento a ciò che quotidianamente sentivo in giro, nelle piazze. La gente non faceva altro che parlare della morte di Gianlorenzo e il figlio Mario ovunque mi incontrasse mi diceva che presto mi avrebbe fatto arrestare. Quando ero da solo gli rispondevo a voce alta. Commentavo, riflettevo. Tutto qua''.
E infine, non trattenendo più l’emozione, Sassara è scoppiato a piangere: ''Mi hanno tirato addosso una bomba. Senza aver fatto niente, senza sapere niente. Oggi sono solo un uomo finito e malato''.

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