2018-11-27VITERBO – ''Se mi lasci mi ammazzo. Fammi la ricetta, ti prego''.
Un paio di messaggi scambiati due giorni prima del parto e poi nulla. Il silenzio più totale.
Graziano Rappuoli, l’infermiere di Tuscania, accusato di aver fornito ad Alina Elisabeta Ambrus la dose di Cytotec necessaria per abortire e poi averla aiutata a disfarsi del feto di 28 settimane, gettandolo in un cassonetto di via Solieri, non avrebbe neppure saputo che la donna, 28enne rumena, avesse assunto il farmaco e dato alla luce la piccola.
O almeno è quello che risulterebbe dai tabulati telefonici del 2 maggio 2013. Nessun messaggio, nessuna chiamata avvenuta tra i due al momento dell’aborto, se non quella in cui la Ambrus, preda di forti dolori addominali, chiedeva all’infermiere di essere portata in ospedale.
A parto presumibilmente avvenuto. Ma chi fosse con lei, nel bagno del suo appartamento a San Faustino in quei drammatici istanti, è cosa tutta da verificare. Anche perché la chiamata di aiuto ricevuta dall’infermiere 57enne, poco dopo le 13, lo collocherebbe ben lontano da Viterbo, tra Marta e Capodimonte. Ben lontano, quindi, dall’appartamento in cui la donna avrebbe partorito la piccola e poi, credendola morta, se ne sarebbe disfatta.
''Il corpicino è stato ritrovato avvolto in un asciugamano e in una vecchia maglietta dentro un cassonetto di via Solieri – ha specificato in aula il sostituto commissario Mario Procenesi – a seguito della confessione in ospedale della donna che ci ha raccontato cosa fosse accaduto alcune ore prima''.
Condannata in via definitiva a 4 anni e 8 mesi di reclusione, dopo aver fatto perdere ogni traccia di sé, la 28enne ora si troverebbe a Londra dove è in attesa dell’udienza per l’estradizione.
''Se dovesse tornare in Italia a scontare la sua pena, sarà nostra premura chiamarla in aula a testimoniare - ha dichiarato l’avvocato della difesa Samuele De Santis – solo lei potrà davvero chiarire cosa sia successo quel giorno''.
Intanto l’uomo, alla sbarra per omicidio volontario e occultamento di cadavere, rischia una condanna pesantissima.
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