2020-01-29VITERBO – (b.b.) ''Sulla testa di Fedeli è stata ritrovata un’impronta a forma di scarpa. Simile ad un livido, compatibile con la calzatura indossata da Michael Aaron Pang. Un’impronta scavata che può formarsi solamente a seguito di una forte pressione sulla zona interessata''. Come se il giovane coreano, originario del Kansas, in carcere per l’omicidio del 74enne Norveo Fedeli, il commerciante di via ucciso nel suo negozio di via san Luca lo scorso 3 maggio, avesse schiacciato con il piede la testa dell’anziano, una volta a terra.
A rivelarlo ieri in aula, il primo testimone della scientifica sentito.
''Siamo entrati nella boutique il 3 maggio– ha spiegato – c’era un fortissimo odore di sangue. A terra, un’enorme chiazza di sangue e dei segni di trascinamento''. Poco distante, il corpo senza vita di Norveo Fedeli, massacrato a colpi di sgabello.
''A dare l’allarme – ha spiegato il capo della squadra mobile, Gian Fabrizio Moschini – è stata una commerciante di via San luca, insospettita dall’orario in cui la porta del negozio di Fedeli era ancora aperta. Aveva paura ad entrare da sola e così si è fatta accompagnare dentro la boutique da un operaio che stava lavorando poco distante da lì. È stato allora che ho rinvenuto il corpo. Quando ci ha chiamati, era sotto shock, sconvolta da quanto aveva appena visto''.
Le ricerche di Pang, poi, sarebbero immediatamente scattate. A tradire il 23enne le immagini della videosorveglianza presente nella zona: ''Le telecamere di una gioielleria di via della Pettinara ritraevano un giovane passare nell’orario compatibile con l’omicidio: ci ha immediatamente insospettito per via di una busta avvolta nella scarpa sinistra''. Come se volesse nascondere qualcosa. E la stessa immagine sarebbero stata ripresa poi dalle videocamere del comune di Capodimonte: ''Quando è arrivato nel piccolo paesino sulle sponde del lago, aveva ancora la scarpa avvolta e in mano una busta della boutique Fedeli, piena di vestiti''.
Quegli stessi vestiti che in più occasioni prima del delitto, il 30 aprile e il 2 maggio, Pang avrebbe cercato di acquistare, per ''un importo complessivo di 600 euro''. ''Ma le transizioni non sono mai andate a buon fine – ha proseguito il capo della squadra mobile – abbiamo rinvenuto degli scontrini in cui si parla di transazioni bloccate''.
''Con quelle carte di debito – ha poi sottolineato l’ex comandante della Guardia di Finanza, Emiliano Sessa – Pang non avrebbe potuto acquistare nulla: erano incapienti. All’interno non c’erano soldi''.
Secondo l’accusa, il giovane grafico pubblicitario dopo aver tentato di acquistare i vestiti, avrebbe aggredito il commerciante, colpendolo mortalmente con uno sgabello e poi nascondendo il corpo lontano dalla vetrina e da occhi indiscreti.
''Poi è venuto da me a mangiare un kebab – ha proseguito il titolare di una tavola calda di via della Cava, poco lontano dal luogo del delitto – era tranquillo. Ci siamo accordati per incontrarci il giorno successivo, ma quell’incontro non c’è mai stato''. Il 4 maggio, Pang è stato fermato con l’accusa di omicidio a scopo di rapina e finito nel carcere di Mammagialla, dove è ancora recluso.
''Lo conoscevo da mesi – ha continuato il 57enne pakistano – era venuto da me a chiedere lavoro, poi mi ha proposto di rilevare una mia attività. Per quattro mesi, da gennaio, ha pagato l’affitto di un locale a Vetralla con l’intenzione di avviare l’attività una volta tornato dall’America, ma non se ne è più fatto nulla''.
E in America, a trovare i suoi genitori, Pang non è mai andato. Saranno loro a venire in Italia nei prossimi mesi: la difesa del 23enne ha infatti chiesto di sentirli in aula.
Nel frattempo, la famiglia Fedeli, costituitasi parte civile, ha ottenuto il dissequestro del locale: la storica boutique di via San Luca presto potrà finalmente riaprire al pubblico.
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