NewTuscia – CARBOGNANO – Importante giornata di studio nella chiesa di Santa Maria con il convegno “Il mondo e la parola di Giulia Farnese” nell’ambito delle celebrazioni per il V centenario della sua morte.
Realizzata con lo scopo di “comprendere”, leggere la persona e la vicenda della nobildonna, alla luce dei comportamenti che il tempo ammetteva, la giornata si è articolata in due momenti.
La sessione mattutina, dopo il saluto del sindaco Agostino Gasbarri, ha visto gli interventi della Soprintendenza e di altri studiosi, dedicati soprattutto ai luoghi farnesiani; moderati da Stefano Petrocchi sono intervenuti Margherita Eichberg, Giulia nella Tuscia farnesiana; Paolo Yuri Strozzieri, Giulia figlia, la Rocca di Capodimonte: Simonetta Valtieri, Giulia signora, il castello di Carbognano; Daniela Gallavotti Cavallero, Giulia signora, la decorazione pittorica del castello di Carbognano; Antonio Marchetta, Le iscrizioni latine di Giulia Farnese nel castello di Carbognano. Quella pomeridiana, moderata da Paolo Marini, all’attenzione ai luoghi ha fatto seguire quella alle parole di e su Giulia Farnese. A Luca Della Rocca, che ha ripercorso la documentazione relativa alla chiesa che ha ospitato l’incontro, hanno fatto seguito gli interventi dei docenti dell’Università della Tuscia coinvolti nei due progetti di ricerca di interesse nazionale (PRIN) di argomento farnesiano.
È Enrico Parlato ad affrontare l’argomento dell’eredità di Giulia, supportato dall’intervento di Laura Cecchini, autrice di una tesi sui monumenti di Carbognano in età moderna. Parlato ha analizzato la personalità di Lavinia Della Rovere, nipote di Giulia Farnese e sposa di Paolo Orsini di Mentana, attraverso le testimonianze di Francesco Sansovino e di Giulia Morata, un’ “eretica” della quale Lavinia fu amica e – negli anni in cui vissero a Ferrara (1542-1550) – ne condivise l’orientamento religioso. Trascorsi alcuni decenni dalla stagione ferrarese, a Roma Lavinia entra nella cerchia di San Filippo Neri e della comunità raccoltasi attorno al santo, con il quale intrattenne un rapporto personale e dal quale fu miracolosamente risanata. Attraverso Lavinia Della Rovere signora di Carbognano dal 1571 al 1601, a partire dal 1583 San Filippo e gli Oratoriani approdarono a Carbognano, per stabilirvisi in pianta stabile con una villa e una tenuta agricola (la “tenuta dei padri”) della quale restano tracce e documenti che consentono di illustrare il complesso architettonico presente nel paese, dove, tra l’altro venne edificata la prima chiesa dedicata a San Filippo Neri.
La dottoressa Cecchini ha poi analizzato l’antichissima chiesa di Sant’Eutizio, primo patrono del paese; la chiesa, poco distante dalle proprietà degli Oratoriani, fu loro affidata nel 1584. Attraverso la documentazione archivistica la Cecchini ne ha messo in luce vicende storiche e culturali, quali il recupero di una preziosa reliquia del santo patrono ancora oggi conservata a Carbognano.
A illustrare gli scritti su Giulia è stato Pietro Giulio Riga, che in apertura ha sottolineato come la documentazione disponibile fosse scarsa e per lo più decisamente infamante. La liaison del papa Borgia e di Giulia era oggetto di scherzo tanto nella corrispondenza diplomatica e nei resoconti dei cronisti quanto nelle famigerate Pasquinate. Non mancarono sottigliezze, distinguo e insinuazioni anche a proposito della celebratissima bellezza di Giulia, descritta dai tratti scuri e poco gentili rispetto ai colori chiari di quella Cecilia Gallerani che sarebbe arrivata a noi come la donna dipinta su tavola ne La dama con l’ermellino di Leonardo. Immagini che hanno contribuito a far sì che nel tempo prevalesse la figura di Giulia Farnese concubina, e questo “ancora nel Novecento, con titoli accattivanti e fuori da qualsiasi esame critico” fa notare Riga, che conclude affermando che “oggi è necessaria una revisione di quei fatti. Tenendo conto soprattutto delle capacità gestionali dimostrate da Giulia a Carbognano va smentito lo stereotipo ed evidenziato il ruolo svolto nell’azione di governo e documentato da un testamento in cui racconta di sé e aiuta le persone, soprattutto donne, che le erano state vicine”. Tra i fatti salienti della sua vita viene ricordato il miracolo del 1515, quando, malata, guarì per intercessione della Madonna della Quercia, che raccontò di aver visto in sogno e che omaggiò con un ex-voto – una statua di cera –, cosa che comprese la basilica tra i luoghi di devozione farnesiana.
A chiudere gli interventi Paolo Procaccioli, che partendo da un sonetto in cui Belli ironizza sulla “camicia” di bronzo con cui si erano coperte le nudità di una statua raffigurante la Giustizia (ma nella quale una leggenda studiata da Roberto Zapperi aveva indicato Giulia) ricorre alla stessa metafora per dare conto del variare dell’attenzione su Giulia. Con la camicia ora sollevata, per svelare lo “scandalo”, soprattutto per attaccare papa Borgia e gli stessi Farnese, ora invece abbassata, per proteggere con il silenzio l’onorabilità della gentildonna e del casato. Si ritorna sulla Giulia delle pasquinate, distinte tra quelle di un Pasquino romano e cattolico e quelle di un Pasquino riformato, con il primo che ha a cuore il destino di una Chiesa da proteggere dall’immoralità di papi che rischiano di farla crollare, e il secondo che si propone l’abbattimento della chiesa stessa. Nell’uno e nell’altro caso Giulia è prova di corruzione e indegnità.
Le cose cambiano con l’Ottocento, prima con l’invenzione di un grande romanziere, Stendhal, che nella trasfigurazione della Chartreuse de Parme celebra l’ambizione del giovane Alessandro Farnese, il futuro papa Paolo III, e legge in positivo il ruolo svolto da Giulia, poi con i grandi storici del papato come Ranke e von Pastor. Solo in tempi recentissimi Amélie de Bourbon Parme, membro del ramo francese della famiglia, rompe il silenzio dei Farnese sulla loro ava. Lo fa nel primo volume (L’ambition) di una trilogia (Les trafiquants d’éternité) nella quale, sulla scia di Stendhal, ripercorre l’ascesa del fratello, dalla rinuncia al mestiere delle armi alla formazione umanistica e al cardinalato.
Tutto questo, conclude Procaccioli, senza dimenticare che all’origine tanto dell’avventura romana di Giulia quanto della carriera di Alessandro c’era stata la madre, Giovannella Caetani. Era stata lei che, strappando l’una e l’altro dalla Tuscia e portandoli a Roma, aveva dato inizio alla stagione di grande dinamismo che avrebbe portato i Farnese ad affermarsi prima a Roma e poi, nel tempo, in Italia e in Europa.
Tutti gli interventi del convegno saranno pubblicati la prossima primavera.
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