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Tarquinia, medico in pensione salva uomo di 60 anni dopo un malore
TARQUINIA – Momenti di apprensione questa mattina, mercoledì 20 agosto, a Marina Velca, la rinomata località balneare vicino Tarquinia, quando un uomo di circa 60 anni è stato colpito da un improvviso malore mentre si trovava sulla spiaggia.
Il soccorso è scattato in pochi istanti grazie al pronto intervento del bagnino dello stabilimento balneare, affiancato da un medico in pensione presente sul posto. Quest’ultimo ha immediatamente praticato le manovre di rianimazione utilizzando un defibrillatore semiautomatico (DAE), un dispositivo ormai sempre più diffuso nelle strutture balneari della regione – anche se al momento non esiste ancora un obbligo normativo nazionale specifico in tal senso.
Pochi minuti dopo, sul posto è atterrata l’eliambulanza del servizio regionale di elisoccorso, noto come Pegaso, attivato dal numero di emergenza 118. Si tratta di un sistema di soccorso aereo della Regione Lazio, in grado di coprire gran parte del territorio regionale in tempi rapidissimi. Il paziente è stato quindi trasferito in condizioni stabili, sebbene serie, all’ospedale “Santa Rosa” di Viterbo (precedentemente conosciuto come ospedale Belcolle), struttura recentemente ristrutturata e intitolata nel gennaio 2025.
Le prime informazioni ufficiali, diffuse anche tramite ANSA, confermano che l'uomo non sarebbe in pericolo di vita. Le sue condizioni restano sotto attenta osservazione presso l’ospedale viterbese.
Il monito di Italia Zuccheri a valorizzare la terra: un serbatoio di risorse e relazioni
VITERBO - La terra natale è la più prescolare delle nostre esperienze con un luogo: sullo stesso filone, siamo anche quelli che urlano “Terra!” non appena intravedono un giaciglio durante i viaggi. “Atterrire” significa provocare sentimenti profondi e paralizzanti, tanto da gettare in basso, per non dire di “terracotta”: quella guisa argillosa e quasi impotente, che diventa materiale per vasellame se lavorata con gesti sapienti.
Definizioni, queste, consequenziali e circolari nel loro insieme, in grado di connettere ogni sfumatura alla matrice comune delle creazioni: la nostra terra, la culla di uomini, piante e animali. Mai paga di spendersi per attivare l’ecosistema, la sua architettura si fonda su solide radici, che ravvisiamo nel tempo atmosferico e nel ciclo costante delle stagioni. È sufficiente questa complessità a spiegare quanto sia grande?
Ad ogni modo, show must go on: l’ondata ferragostana, stabile e serena per i claim televisivi, ha suggerito a Pubblicittà una nuova chicca crossmediale, riadattata con una soundtrack emozionale e rinnovata. Si sta parlando dello spot di Italia Zuccheri, leader tra le filiere di distribuzione nazionali, che dal 2020 offre agli schermi una formula chiara per comunicare l’agricoltura.
Quale? L’esaltazione dei volti dietro i processi produttivi, che non si esauriscono nel grigiore di un’industria, ma abitano ogni semplice utilizzo dello zucchero e ogni esperienza accompagnata dal suo sapore. In questo taglio efficace da quindici secondi, il girato si apre con un nucleo famigliare: la voce rassicurante di un giovane uomo esprime il legame con lo zucchero Nostrano, quasi a dimostrare un atto di paternità (script alla lettera: “Questo zucchero si chiama Nostrano, perché è nostro”).
La stessa famiglia è un consorzio di agricoltori, adesso rappresentato dalla leading voice di una ragazza. Con una guida che la incoraggia a espiantare le barbabietole e la rassicura per prepararla al mestiere, si dice entusiasta di uno zucchero che protegge le api: è l’anima materna delle coltivazioni, interessata alla cura responsabile del territorio.
Due nuove voci maschili si rincorrono: una roca, la prima, eleva le immagini della preparazione di un dolce (completamente a cura di lui, mentre lei lo guarda orgogliosa); la seconda, dal timbro più comune, ci consegna uno zucchero “anche tuo”. Il claim, soave e avvincente, culmina con il payoff affidato alla voce più roca, un abbraccio anche per gli spettatori distanti dal settore primario (“Coltivatori con cura”). La tradizione dei sentimenti visibili, della dedizione antica, del rispetto per le cose reali è quindi un’autentica dolcezza?
In una Terra che nemmeno tra i bambini vede spiragli di mani sporche di fango, questo messaggio può apparire in buona parte anacronistico. Il fulcro della sua evoluzione, però, non è nel giudicare aspramente ciò che abbiamo, lasciando in una teca di cristallo il passato: il tempo, nello spot, è un fluire magnetico, che sovrappone le nostre facce al verde inconfondibile delle piantagioni, per un’agricoltura che conservi l’amore come suo proprio futuro.
Una narrazione, insomma, più bucolica che “confortante”, come si usa dire di qualcosa che, a dispetto del nostro essere multitasking, rafforza l’abitudine e la staticità della routine. Cambiare appezzamento, cambiare coltivazione, svoltare i mesi nel calendario è, per l’agricoltore, cambiare casa ogni giorno, una casa in cui promettere alla sua famiglia e alla sua terra di essere per sempre al sicuro tra le sue braccia.