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FENOMENOLOGIA DELL’EMOTIVITA’ COLLETTIVA
Ciocco Tuscia 2025, tra slittamenti e sorprese: Squadra che vince si riconferma
VITERBO - L’ultima giornata dei due week end dedicati al dolce alimento si è riconfermata la cronaca di una “vittoria annunciata” con una folla che, come al solito, ha preso d’assalto gli stand del Ciocco Tuscia 2025.
La variazione di calendario non li ha colti impreparati, ma li ha costretti a un piccolo slalom tra feste concorrenti, come ha spiegato il patron della manifestazione Andrea Sorrenti.
“Siamo soddisfatti della manifestazione, anche se quest'anno abbiamo fatto una variazione sulla data - ha spiegato -, perché la novità rispetto agli altri anni è che abbiamo fatto il secondo e terzo week end anziché i primi due. Una scelta obbligata perché nella data solita la sala era già occupata per eventi che riguardavano il Giubileo, quindi, per ovvie ragioni abbiamo fatto slittare la manifestazione che, nonostante sia andata a sovrapporsi ad altri eventi nella Tuscia, ha avuto lo stesso afflusso di pubblico delle edizioni precedenti”.
Il cambio di data è stato un “fuori programma” che resterà tale: l’obiettivo dichiarato è tornare ai primi due week end di ottobre, il terreno tradizionalmente più favorevole.
“Stiamo già lavorando per la prossima edizione - ha sottolineato Sorrenti - è già posso dire che ritorneremo alla data solita dei primi fine settimana del mese”.
Sul fronte idee per l’edizione 2026, la regia del festival punta alto ma con pragmatismo: il sogno è un villaggio più ampio, capace di coinvolgere diverse piazze della città. Il vincolo, come spesso accade, è economico: “Il progetto è sempre di cercare di fare un villaggio più ampio, cioè quindi che coinvolga diverse piazze di Viterbo - ha continuato -. Ma quello è subordinato sempre alla capacità economica, dai finanziamenti che ci dà il Comune, piuttosto che dagli sponsor privati. Quindi quello rimane un progetto che si deve sviluppare nel corso dei mesi, alla luce di quanto riusciamo a ottenere come budget. Questo è fondamentale”.
Invece per quanto riguarda il format della manifestazione vige il detto: squadra vincente non si cambia.
“La prossima edizione vedrà, spettacoli in piazza, laboratori per bambini, area dedicata al dolce, al salato e ad altri prodotti nella sala inferiore di Palazzo dei Papi - ha concluso -. È una formula che funziona. Poi sicuramente ci saranno delle novità. In termini di collaborazione, ho già parlato con altre realtà locali, sia ristoranti sia locali che fanno aperitivi, per cercare di fare qualcosa insieme. Qualche cosa la stiamo facendo già adesso, come ad esempio il cocktail dedicato a Ciocco Tuscia, ma qualcosa di più consistenza e probabilmente lo faremo nella prossima edizione”.
Viterbo: la città della canapa e del lino prima di diventare 'dei Papi'
VITERBO - La recente scomparsa alla bella età di 95 anni di Mario Matteucci, ultimo testimone della lavorazione della canapa in una Viterbo che non c’è più, ci fa ricordare che il capoluogo della Tuscia non è solo la “Città dei Papi”, ma anche della canapa e del lino.
Lo ha scritto e detto più volte Alfio Cortonesi, già docente all’Unitus, che annota come Viterbo tra il Mille e il 1500, documenti alla mano, produceva fibre tessili di buona fattura, utili sia al fabbisogno familiare che alla vendita nei mercati limitrofi. Avrebbe conteso addirittura a Napoli il titolo di campione d’Italia per la qualità del lino. Quando era in fioritura – scrive Pio II Piccolomini nei suoi Commentari – il Pian dei Bagni, alle porte della città, si trasformava in un tappeto azzurro.
Prima dell’ultima guerra, intorno al 1940, la coltivazione di lino e canapa, che si alternava a quella del grano in un razionale sovescio, era molto diffusa in tutta la Tuscia Viterbese come del resto in molte altre regioni d’Italia. Un mare di steli che a primavera mutava i colori del paesaggio, influenzando anche stili di vita, rapporti, sociali. Perfino familiari, considerata la folta partecipazione di manodopera femminile.
(Gruppo Touring in visita al museo della canapa di Viterbo)
Oggi di tutto questo patrimonio non è rimasto più nulla, ma non è escluso che non si possa riparlarne, in una visione magari di agricoltura sostenibile e di transizione ecologica. La lettura di alcune gabelle comunali del centro Italia, in particolare Siena, Roma e Perugia, ci informa che l’export era florido, tanto che il comune di Viterbo, come si legge negli statuti comunali a partire dal XIII sec., controllava la semina, il raccolto e soprattutto la macerazione nelle vasche adiacenti alla sorgente sulfurea Bulicame.
Per la macerazione, l’addetto era il “piscinario” una sorta di guardiano delle vasche che dettava i tempi per l’ammollo nelle pozze ipertermali della zona. Con alcuni sodali sorvegliava tutta l’area di Pian dei Bagni, piuttosto affollata durante il raccolto e la lavorazione. Lo scenario non sfuggì a Dante quando probabilmente lo vide o ne sentì parlare nel Trecento in uno dei suoi viaggi a Roma, tanto da servirsene per una doppia terzina del XIV Canto dell’Inferno. A margine dei ruscelli pietrosi sostavano le “pettatrici” a macerare la canapa o le “peccatrici” (secondo altre interpretazioni) relegate quaggiù dal comune.
Canapa extrabianca e lino di qualità. Merito della terra asciutta e grassa di molte piane della Tuscia Viterbese, ma soprattutto delle acque sulfuree del Bulicame che scorrevano entro una trama di rivoli e laghetti. Ingredienti naturali ed esclusivi per la macerazione degli steli che venivano poi fatti asciugare al sole. A volte a fasci di forma conica come le tende da campo. Si procedeva poi alla battitura con mazze e bastoni per una prima e sommaria separazione della fibra dalle cortecce. .
Aggiungiamoci pure l’abilità di coloro che a colpi di coltellacci di legno (le viterbesi “scotole”), eliminavano le scorse legnose prima della “pettinatura”, dando allo stelo la giusta curvatura. Lavoro tradizionale quello dello “scotolatore” il cui termine è entrato nelle vene di Viterbo, nel dialetto, nel carattere dei suoi abitanti e nel vissuto locale, tanto che la comunità ha loro dedicato una piazza nel quartiere di Pianoscarano. Categoria privilegiata e affidabile se è vero che agli “scotolatori” era eccezionalmente consentito di lavorare anche di notte, con tutti i rischi del caso (in quei tempi non erano pochi).
(Vecchio telaio)
Infine le “pettinatrici”, parrucchiere ante litteram, con mani più callose e meno raffinate delle acconciatrici di oggi, ma altrettanto abili a dipanare le matasse fibrose. Buona presenza dunque di manodopera femminile, una rarità per quei tempi in cui la donna non contava molto, relegata com’era a cucinare e fare figli. La prospettiva delle più giovani era di guadagnare per farsi la dote.
Una preziosa campionatura degli attrezzi usati, compresi un telaio ed alcune foto bianco-nero degli anni Trenta-Quaranta, é provvidenzialmente custodita a Viterbo in un antro del quartiere di Pianoscarano accanto ad un antico frantoio che veniva sorvegliato giorno e notte dal compianto Matteucci, Un gruppo del Club di Territorio di Viterbo del Touring Club gli ha fatto recentemente visita.
Canapa anche nel museo della Civiltà Contadina e delle Tradizioni Popolari di Canepina, lungo la strada Cimina. A proposito di Canepina, va ricordato che un panno di canapa, entra ancora oggi nel processo di scolatura dei tradizionali “maccaroni” (il cosiddetto “fieno”) una specialità del posto.
Va aggiunto che nel Quattrocento, ma non solo, molte famiglie viterbesi si sostenevano con la produzione di lino (olio per cucinare, per le lampade e i cataplasmi) e di canapa con cui si confezionavano oggetti di uso comune, cordami per vari usi e i fiscoli per la molitura dell’olio d’oliva.
Però quanto fetore. Canapa e lino macerati nell’acqua erano così maleodoranti che un pontefice, al tempo della sede papale a Viterbo, pretendeva che tutta la lavorazione delle fibre avvenisse fuori dalle mura cittadine, al Pian dei Bagni. che nei mesi di lavorazione del raccolto, da giugno ad agosto, complice anche il percorso della Francigena, si trasformava in una borgata, con tanto di capanni e osterie, frequentata da lavoratori, mendicanti, ladruncoli, pellegrini, baldracche, mercanti e imbroglioni.
Vincenzo Ceniti
Porto di Tarquinia, il M5S: Basta propaganda, servono dati concreti e un progetto sostenibile
TARQUINIA - Il M5S di Tarquinia ritiene doveroso, ancora una volta, riportare il dibattito sul porticciolo turistico all'interno di un contesto di serietà, concretezza e responsabilità istituzionale, superando definitivamente le affermazioni propagandistiche e i numeri privi di fondamento che rischiano solo di alimentare confusione e false aspettative nella cittadinanza.
Nel corso di un recente incontro politico, alla presenza di un assessore regionale, è stata nuovamente diffusa la notizia secondo cui la realizzazione del porticciolo potrebbe generare 1.500 posti di lavoro. Un'affermazione che, ancora una volta, si rivela destituita di ogni riscontro tecnico e che nulla ha a che vedere con una visione seria e sostenibile dello sviluppo del territorio.
È opportuno ricordare che il Piano regionale dei porti individua l'area di intervento alla foce del fiume Marta, un tratto di costa che gli stessi uffici regionali hanno definito 'sconsigliato', a causa della natura sabbiosa dei fondali e delle note criticità legate all'erosione costiera.
Sin dalla stesura del programma elettorale, abbiamo manifestato la chiara volontà di affrontare il tema del porto come una vera opportunità per Tarquinia, da sviluppare in modo realistico, ecosostenibile e compatibile con l'ambiente e le esigenze locali. La nostra idea di portualità turistica è fondata su analisi concrete e su una visione che guarda all'interesse collettivo, non alla propaganda.
Un porticciolo turistico in grado di ospitare circa 500 natanti da diporto potrebbe generare, secondo uno studio di Confindustria Nautica, 1 posto di lavoro diretto ogni 30 posti barca, e un indotto di circa 1 occupato ogni 3,8 posti barca, per un totale compreso tra 75 e 110 unità lavorative annue. Nel caso di un porto per imbarcazioni fino a 24 metri, la cifra complessiva potrebbe raggiungere 170 unità occupazionali. Questi dati, e non altri, rappresentano la base per una valutazione seria e trasparente.
L'analisi della domanda locale conferma inoltre che il territorio tarquiniese esprime una potenzialità portuale di circa 400 natanti. Una realtà che suggerisce, con chiarezza, la necessità di un porticciolo a misura del territorio (indicazione presente anche nel piano dei porti regionale), non di un'infrastruttura sproporzionata o insostenibile.
Il nostro impegno rimane quello di realizzare un'infrastruttura moderna, sostenibile e utile alla città, capace di valorizzare la vocazione turistica e marittima di Tarquinia, nel pieno rispetto dell'ambiente e delle risorse naturali.
Un progetto a misura di territorio, per un futuro concreto, condiviso e privo di strumentalizzazioni.
Asilo S.Barbara: consegna prorogata di altri 85 giorni, superato l'anno di ritardo
di Fabio Tornatore
VITERBO - Proroga per ulteriori 85 giorni nella consegna dei lavori dell'asilo di S.Barbara: la struttura, denominata Boat, dopo oltre 10 anni di lavori fa ancora attendere.
Si tratta della quarta proroga richiesta dopo la ripresa della nuova fase dei lavori: iniziati nel 2023 avrebbero dovuto estendersi per 450 giorni, la cosegna era prevista infatti per dicembre 2024. Il primo stop richiesto dall'azienda incaricata avrebbe dovuto avere la durata di 100 giorni. Il secondo di 130, e il terzo di ulteriori 70. Con la quarta richiesta si arriva a ben 385 giorni naturali e consecutivi, superando l'anno di ritardo.
Sicuramente le motivazioni addotte dalla società appaltata saranno serie, valide e solidissime per essere state prese in carico dall'amministrazione comunale e, passati oltre 10 anni dalla posa della prima pietra, qualcuno potrà anche dire 'ormai anno più anno meno'. A 835 giorni però dalla ripresa dei lavori dopo il rifinanziamento dell'opera con i fondi del Consiglio dei Ministri i cittadini cominciano a interrogarsi sui perché di tali ritardi.
Carnevale civitonico 2026, il gruppo Jamaicano chiarisce: Non parteciperemo come carro, ma ...
di SDA
CIVITA CASTELLANA - Dopo settimane di voci e discussioni, arriva la conferma ufficiale: il gruppo Jamaicano, vincitore dell’edizione 2025 del Carnevale civitonico nella categoria carri allegorici, non parteciperà con un carro di prima categoria alla prossima edizione del 2026. La decisione è stata comunicata direttamente da Luca Rita, storico esponente e organizzatore del gruppo, attraverso un lungo post pubblicato sulla sua pagina Facebook, nato – come spiega – “per chiarire le cose e mettere fine alle solite chiacchiere di paese”.
Nel suo intervento, Rita ricostruisce passo dopo passo quanto accaduto nei mesi successivi alla vittoria dello scorso marzo.
“Dal 5 marzo, appena proclamati vincitori, abbiamo subito iniziato a pensare al nuovo carro per il 2026 – racconta – ma da parte della Fondazione Carnevale tutto taceva. Nei mesi di marzo, aprile e maggio nessuna comunicazione. Poi a giugno si comincia a sentire che ci sono problemi interni gravi, al punto da farci chiedere: si farà o no il prossimo Carnevale?”.
Secondo Rita, i gruppi avrebbero più volte chiesto chiarimenti, ma “tutto è rimasto nel silenzio”. Così, con l’incertezza sul futuro della manifestazione, “era impossibile iniziare a spendere migliaia di euro di tasca nostra”.
“Costruire un carro non è uno scherzo – precisa –: solo per tenere il rimorchio nel capannone spendiamo circa 10.000 euro l’anno, e altri 10.000 euro servono per la costruzione del carro. Tutto questo senza contare i materiali, le decorazioni, il lavoro e il tempo che ognuno di noi dedica. E con un premio di 4.000 euro per i vincitori… che cosa pensate si possa coprire?”.
La situazione si è sbloccata solo a metà ottobre, quando la Fondazione ha confermato ufficialmente lo svolgimento dell’edizione 2026 e ha liquidato i premi della scorsa. “Troppo tardi per poter iniziare un nuovo carro – osserva Rita –. A quel punto abbiamo deciso di partecipare come gruppo mascherato, mantenendo lo stesso entusiasmo e la stessa passione, ma con costi più sostenibili.”
“Lo facciamo per amore del Carnevale – aggiunge – ma non possiamo essere gli unici a sacrificarsi economicamente, soprattutto senza certezze.”
Nel suo post, Rita si rivolge anche a chi, in paese, ha criticato la decisione del gruppo:
“Prima di sparare sentenze, informatevi. Noi, come tanti altri gruppi, abbiamo solo chiesto chiarezza e rispetto per il lavoro che c’è dietro ogni carro. Quando parlate, collegate il cervello: ora sapete come stanno le cose.”
Infine, l’organizzatore ha voluto chiarire un ultimo punto: “Il percorso della sfilata non l’hanno cambiato i carri, ma la maggioranza dei gruppi e dei partecipanti. I carri restano tre, mentre i gruppi mascherati sono una ventina. Basta polemiche inutili.”
Nonostante le difficoltà, il gruppo Jamaicano promette di esserci anche nel 2026, seppur in una veste diversa. “Metteremo la stessa energia e lo stesso cuore di sempre – conclude Rita –. Perché il Carnevale civitonico è parte di noi, e nessun problema potrà spegnere la nostra voglia di far festa.”
Olivicoltura in crisi nella Tuscia: produzione giù fino al 70%
VITERBO - La stagione della raccolta delle olive è iniziata, ma nella Tuscia la campagna olivicola 2025 si presenta tra luci e ombre. Dopo mesi di piogge intense, vento forte e sbalzi termici improvvisi, molti oliveti locali hanno subito danni significativi. A complicare la situazione ci sono stati anche parassiti come la mosca olearia e la temuta cimice asiatica, che hanno accelerato la caduta dei frutti e ridotto drasticamente la produzione.
Secondo Sergio Del Gelsomino, presidente provinciale della Cia, alcune zone della provincia, cuore dell’olivicoltura laziale, hanno visto cali della produzione tra il 30 e il 40%, mentre in alcune aree del Viterbese si raggiunge un meno 60-70%. Anche la zona di Canino, storicamente tra le più vocate, registra un calo attorno al 40%. “La raccolta è iniziata con quasi venti giorni di anticipo rispetto all’anno scorso. La resa è buona, ma la quantità scarsa inciderà inevitabilmente sui costi e sul prezzo finale dell’olio”, spiega Del Gelsomino.
Nonostante la contrazione produttiva, la qualità dell’olio rimane il vero punto di forza della Tuscia. “Gli agricoltori hanno anticipato la raccolta per salvaguardare il prodotto, rinunciando a qualche punto di resa pur di ottenere un olio superiore. Preferiamo la qualità alla quantità, perché parliamo di un alimento che consumiamo nelle nostre famiglie. L’olio che sarà venduto avrà un prezzo più alto, ma garantirà un’eccellenza autentica”, aggiunge il presidente della Cia.
La stagione olivicola 2025 dunque si presenta difficile sul piano quantitativo, ma conferma la vocazione della Tuscia alla produzione di olio di alta qualità, capace di competere sul mercato nazionale e internazionale anche in anni critici.
Le Terme Salus Viterbo alzano bandiera bianca a Moncalieri
MONTECALIERI - Il match disputato domenica 19 ottobre è stato per tre quarti di estremo equilibrio, poi l’allungo delle padrone di casa nel quarto periodo e per le Terme Salus Viterbo arriva il terzo stop in questo inizio di stagione nel campionato di serie A2 di basket femminile.
Le ragazze di coach Scaramuccia iniziano bene con Todorova e Myklebust (1-4), le piemontesi rispondono affidandosi alle triple di Cicic e Pellegrini e alla potenza vicino a canestro di Obaseki. Viterbo, da subito alle prese con problemi di falli per alcune giocatrici, risponde colpo su colpo, per merito soprattutto di Myklebust che, a dispetto di una condizione fisica non perfetta, colpisce a ripetizione la difesa di Moncalieri sia vicino a canestro che dalla lunghissima distanza. Le triple della lunga norvegese riportano avanti le Terme Salus (8-9 e poi 12-14 in avvio di secondo periodo), poi ci pensa Britney Imuentinyan a realizzare il canestro che regala il massimo vantaggio viterbese verso la metà del parziale sul 16-20.
La risposta di Moncalieri è un parziale di 6-0 che però non abbatte le Terme Salus, brave a ritrovare poco dopo il +4 (24-28) con la tripla di un’ottima Bardarè, un gioco da tre punti di Cutrupi e un bel canestro di Todorova. Il finale di secondo periodo sorride però nuovamente alla Tecno Engineering che, quasi sulla sirena, trova con Colli il canestro del 29-28 con cui le due squadre vanno al riposo.
Al rientro dagli spogliatoi le più rapide a scattare sono le padrone di casa, con la tripla di Pellegrini che vale il +4 interno (34-30) ma la risposta è ancora opera di una positiva Imuentinyan e di due triple consecutive di Todorova che ritrova precisione dalla lunghissima distanza. Si va all’ultimo riposo con Moncalieri avanti di un solo punto (39-38) e con la prospettiva di potersela giocare ad armi pari per la vittoria nei dieci minuti finali; le speranze vengono però azzerate da un inizio di parziale molto deficitario in attacco (primo canestro di Myklebust dopo quattro minuti) e dalle iniziative di Obaseki, Pellegrini e Salvini, la più precisa dalla lunetta nelle tante occasioni avute dalle piemontesi.
Coach Scaramuccia prova con il pressing e le Terme Salus hanno qualche tiro aperto per cercare di tornare a contatto ma sprecano le occasioni, rendendo vano anche l’ultimo sforzo di Myklebust che chiude con una pregevole doppia-doppia ma senza riuscire a condurre alla vittoria la propria squadra.
Domenica prossima arriva al PalaMalè la formazione delle Milano Basket Stars e per le ragazze viterbesi ci sarà una nuova occasione per andare a caccia della prima vittoria in campionato.
Tecno Engineering Moncalieri – Terme Salus Viterbo: 62 – 51
MONCALIERI: Lo Re, Pellegrini 16 (1/3,4/6), Corgnati 7 (1/3,1/2), Gesuele 4 (2/4), Grosso 1 (0/1,0/1), Colli 2 (1/3,0/5), Pieroni, Varaldi (0/1 da due), Salvini 6 (1/2,0/1), Obaseki 13 (5/12), Bifano 2 (0/1 da tre), Cicic 11 (1/4,3/7). All. Lanzano
TERME SALUS: Puggioni A. (0/1,0/8), Todorova 14 (4/8,2/8), Paco ne, Imuentinyan 4 (2/2), Gionchilie 1 (0/3), Cutrupi 3 (1/4), Pasquali (0/1 da tre), Bardarè 8 (1/4,2/3), Pirillo ne, Myklebust 21 (5/13,3/4). All. Scaramuccia
ARBITRI: Andrea Bernardi di Cantù (CO) e Niccolò Invernizzi di Dorno (PV)
NOTE: Tiri liberi Moncalieri 14/22, Terme Salus 4/7. Rimbalzi 40 (Obaseki 10), Terme Salus 39 (Myklebust 10). Parziali 10’ (12-11), 20’ (29-28), 30’ (39-38). Nessuna giocatrice uscita per 5 falli.